Crisi energetica ed aumento dei tassi di interesse hanno prodotto impatti sui costi operativi e sulle disponibilità
Inflazione e rialzo dei tassi di interesse hanno impattato sulla liquidità delle imprese e a partire dalla seconda metà del 2022 sono comparsi i primi segnali di rallentamento della crescita. Come rilevato anche da studi precedenti, i dati di bilancio confermano il quadro di peggioramento dell’esposizione finanziaria delle imprese, in particolare su:
– Crescita dei tassi di deterioramento
– Aumento dei mancati pagamenti
– Aumento del rischio prospettico
Le principali evidenze dell’Osservatorio Bilanci
L’Osservatorio Bilanci 2022 si basa su 221 mila bilanci di esercizio di imprese con fatturato superiore a 100 mila euro e presenti negli archivi Cerved al 15 luglio 2023, che per la prima volta sono stati analizzati e studiati attraverso i dati effettivi comunicati dalle imprese.
Dai dati emerge che inflazione, crisi energetica ed aumento dei tassi di interesse hanno prodotto impatti sui costi operativi e sulle disponibilità liquide delle imprese. Si osserva infatti un aumento marcato dei costi delle materie prime, dei servizi e del lavoro così come un aumento del costo del debito, in tutte le classi dimensionali. Ciò nonostante, le imprese hanno continuato ad investire (+3,5% immobilizzazioni) e ad indebitarsi (+2,5% debiti finanziari).
Calo della liquidità
Negli ultimi anni la liquidità delle imprese era aumentata, sostenuta da politiche fiscali e monetarie espansive. Con il cambiamento dello scenario congiunturale, le imprese hanno dovuto far fronte a costi operativi e del debito crescenti. Ciò ha impattato le loro disponibilità liquide (-1,7% a livello nazionale). Le grandi hanno ridotto del 4,5% la liquidità, mentre le PMI del 2,5%. Crescono solo quelle delle micro (+8,6%), che tuttavia mostrano un aumento dei debiti finanziari piuttosto consistente (+8,4%). A livello settoriale, cala la liquidità nell’industria (-6,8%) e nei servizi (-5,6%), mentre aumenta notevolmente nelle utility (+41,5%) trainata dai prezzi energetici. Siamo di fronte quindi ad un’inversione di tendenza che è in linea con la dinamica dei pagamenti. Le grandi imprese hanno infatti reagito cercando di dilatare i tempi di pagamento (da 76 a 81,5 giorni) mentre PMI e micro non avendo lo stesso potere contrattuale hanno aumentato ritardi e mancati pagamenti.