L’introduzione della nuova normativa di Basilea 3, dopo un lungo iter approvativo non privo di ostacoli e di interruzioni, introdurrà modifiche significative nel calcolo dei requisiti patrimoniali per le esposizioni bancarie. In questo contesto, i rating ECAI (forniti da External Credit Assessment Institutions) assumono un ruolo sempre più importante.
Il 30 maggio 2024 il Consiglio UE ha adottato nuove norme che aggiornano il Regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) e la Direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD IV) ai nuovi standard redatti nell’ambito del framework di Basilea 3.
In particolare, il Consiglio ha approvato:
- il testo della Direttiva di modifica della CRD – Capital Requirements Directive (Direttiva 2013/36/UE) che riguarda i poteri di vigilanza, le sanzioni, le succursali di paesi terzi e i rischi ambientali, sociali e di governance (ESG);
- il testo del Regolamento di modifica della CRR – Capital Requirements Regulation (Regolamento (UE) n. 575/2013) che concerne i requisiti per il rischio di credito, il rischio di aggiustamento della valutazione del credito, il rischio operativo, il rischio di mercato e l’output floor.
Sin dall’inizio delle sue operazioni, nel novembre 2014, il Single Supervisory Mechanism della BCE si è concentrato in maniera crescente sull’eterogeneità delle stime del capitale prudenziale bancario, a volte soggetto a significative variazioni anche a parità di merito creditizio. La spinta propulsiva verso i modelli interni per la stima dei requisiti regolamentari, in passato anche incentivata dagli organismi di vigilanza, è andata via via esaurendosi anche per via di talune zone grigie nel dettato normativo che hanno favorito il proliferare di margini discrezionali nella declinazione delle metriche interne, elemento questo che ha implicato un certo grado di volatilità nelle stime di RWA da parte degli istituti bancari anche di grandi dimensioni.
In tale contesto, le attività regolatorie hanno favorito l’introduzione di strumenti di comparazione dei livelli del capitale prudenziale, favorendo l’introduzione di buffer conservativi ma soprattutto avviando progetti specifici finalizzati alla riduzione del model risk e al contenimento dei margini discrezionali apportati negli ultimi anni dal sistema bancario europeo. L’introduzione delle regole di Basilea, prevista al 1° gennaio 2025, esplicita in tal senso la centralità dell’approccio standard anche per le banche FIRB e AIRB, che dovranno necessariamente comparare il capitale prudenziale derivante dai propri modelli interni con quanto derivante dallo standardised approach. In tale contesto l’output floor rappresenta una misura chiave della riforma di Basilea 3, limitando la variabilità dei requisiti di fondi propri prodotta dai modelli interni e la riduzione eccessiva del capitale che un ente che ricorre a modelli interni può ottenere rispetto a un ente che utilizza i metodi standardizzati. L’output floor stabilisce che i requisiti di capitale calcolati con modelli interni non possano essere inferiori[1] al 72,5% di quelli che risulterebbero dall’applicazione dei metodi standardizzati. Limitando il margine di manovra per le banche e riducendo quindi fenomeni di “arbitraggio regolamentare”, l’output floor e introduce dei vincoli per le banche, che saranno tenute ad aumentare il loro patrimonio, qualora questo non risulti allineato alla nuova normativa. Il regime transitorio previsto per l’output floor, che prevederà fino al 2032 un’esenzione per le controparti meno rischiose, pone questioni che dovranno essere adeguatamente indirizzate dalla European Banking Authority di concerto con le singole autorità nazionali competenti. In particolare, si evidenzia come l’esenzione stessa rappresenti una deroga all’approccio risk sensitive favorito sin dalle origini della normativa prudenziale, in quanto introduce delle percentuali aprioristiche (i.e. ponderazione creditizia standard del 65%). In aggiunta, occorre notare che il criterio di esenzione si basa su soglie di rischio (stima della probabilità di default non superiore a 0,5%) calcolate dai singoli enti, quindi potenzialmente non convergenti sull’intero sistema bancario. In ogni caso, la deroga all’output floor potrebbe di fatto diventare irrilevante man mano che i rating ECAI diventano più diffusi.
L’introduzione di criteri di stima delle PD basati su third party opinion riflette la missione del regolatore, bilanciando la stabilità del sistema bancario europeo con la necessità di salvaguardare la competitività degli istituti finanziari e la loro capacità di erogazione del credito, a beneficio di banche e imprese. Inoltre, le nuove regole riducono lo svantaggio competitivo delle piccole banche, che spesso non hanno dati o risorse sufficienti per sviluppare modelli interni.
Sul tema, si è espressa la stessa Commissione Europea riconoscendo come “i prestiti alle imprese nell’Unione sono forniti principalmente da enti che utilizzano il metodo basato sui rating interni («metodo IRB») per il rischio di credito al fine di calcolare i loro requisiti di fondi propri”. D’altra parte, continua la CE, “La maggior parte delle imprese dell’Unione […] non si avvale di rating del credito esterni”. Il periodo transitorio è invece ritenuto necessario per “evitare un impatto negativo sui prestiti bancari a imprese prive di rating e di concedere un tempo sufficiente per l’adozione di iniziative pubbliche o private volte ad aumentare la copertura di rating del credito esterni”, In aggiunta, tale periodo transitorio “dovrebbe essere utilizzato per ampliare in modo significativo la disponibilità di rating per le imprese dell’Unione” e “incentivare soprattutto le imprese dell’Unione più grandi a farsi valutare con rating esterno”.
In conclusione, i principi di Basilea 3 affermano la centralità dei rating ECAI, confermata dalla Commissione secondo la quale “una più ampia copertura di rating favorirà, […] l’unione dei mercati dei capitali”. Il risultato sarà un sistema sempre più basato su checks and balances, in cui la banca si appoggia a valutazioni di rischio indipendenti, a beneficio della stabilità complessiva del sistema finanziario.
[1] Il dettato regolamentare prevede un progressivo inasprimento nel requisito di confronto, a partire dal 50% iniziale fino ad arrivare al 72,5% a regime.