Viene spesso chiesto se la sostenibilità d’impresa sia associata alle dimensioni d’impresa.
O ancora più spesso capita di osservare che le buone performance di sostenibilità siano spesso associate alle caratteristiche di grandi organizzazioni in grado di disporre di ingenti cash flow.
Ebbene se si esamina alcuni dati è possibile fornire elementi oggettivi al dibattito dal nostro punto di osservazione privilegiato.
Le grandi imprese alla prova della sostenibilità
E’ corretto sostenere che le grandi imprese siano state tra le organizzazioni ad aver affrontato il tema della responsabilità di impresa prima e della transizione ad un’economia a basse emissioni poi.
Da una parte le grandi imprese hanno ricevuto stimoli e sollecitazioni dal mercato e dai consumatori, dall’altra da una spinta propulsiva fornite dalla finanza sostenibile che fin dai primi anni 2000 fino ad oggi ha visto crescere in maniera esponenziale le masse finanziarie gestite secondo l’applicazione di criteri ESG e che ha canalizzato gli investimenti verso le migliori aziende in termini di performance ESG (cd. approcci di tipo ‘positive screening’).
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Le evidenze sulle PMI
Con riferimento invece ad imprese di minori dimensioni come le PMI o addirittura le microimprese l’elemento che si può osservare è quello di una progressiva consapevolezza sui processi di transizione ecologica e sull’importanza di includere nelle strategie aziendali gli aspetti ambientali, sociali e di governance, seppur con caratteristiche molto eterogenee in termini di maturità, di trasparenza e di capacità di auto-misurazione degli impatti della transizione sul proprio business.
I dati in nostro possesso[1] testimoniano come il 45% delle PMI dichiari che la sostenibilità (ambientale, sociale e di governance) rivesta un ruolo “importantissimo” o “molto importante” in azienda e che guidi le scelte strategiche e di investimento. A questo campione, si aggiunge un 39% degli intervistati che attribuisce un ruolo abbastanza importante ai temi di sostenibilità nella definizione del proprio orientamento strategico.
Appare quindi evidente come vi sia una forte convergenza tra le PMI e le grandi imprese nel considerare che i temi di sostenibilità siano oggi particolarmente rilevanti nello sviluppo del business.
Leggendo più attentamente i dati emerge tuttavia un dato che denota un orientamento contrastante da parte delle PMI: accanto alla consapevolezza degli effetti positivi della sostenibilità in termini di efficientamento e di risparmi sui costi onerosi come quelli energetici, permane l’aspettativa di un aggravio dei costi legati all’implementazione di nuovi processi e procedure per la transizione energetica.
L’apparente contraddizione nella percezione delle PMI è spiegabile con i diversi orizzonti temporali di riferimento: se nel lungo termine è opinione condivisa che sia prevedibile un risparmio, nel breve termine è chiara la preoccupazione per investimenti e costi talvolta significativi.
[1] PMI italiane e transizione ecologica, Cerved-Forum per la Finanza Sostenibile, 2022.
Modelli a confronto
Tornando agli elementi differenzianti, dalle nostre osservazioni abbiamo evidenze che ci portano a confermare una certa correlazione fra dimensione d’impresa e rischio connesso alla transizione ambientale. Le imprese di grande dimensione (sopra i 250 dipendenti), fanno registrare una quota più
alta di aziende esposte al rischio di transizione (pari a circa il 15% del campione) rispetto alle imprese di minore dimensioni[2]. Ecco forse anche giustificato il motivo della maggiore proattività da parte delle grandi imprese.
Un’ulteriore differenza risiede nel fatto che nonostante la maggioranza delle PMI intervistate (62,4% rispetto al campione sondato) abbia piena consapevolezza che il cambiamento climatico comporterà ripercussioni sul proprio business nel breve o nel lungo periodo, circa il 40% delle PMI non sa stimare l’entità della propria esposizione, dato che appare piuttosto sintomatico dell’assenza di mezzi propri o esterni per la misurazione dei dati.
In aggiunta, l’indicazione della carenza di tempo come uno dei principali impedimenti della PMI all’attuazione delle misure di transizione è in contrasto con l’urgenza che dovrebbe essere percepita intorno ai temi ambientali e sociali indotta dal contesto attuale e normativo.
Ciononostante, è possibile riscontrare una sostanziale decorrelazione rispetto alla dimensione aziendale con riferimento alle performance ESG: i modelli di business in profili di impatto positivo in termini ambientali o sociali possono essere vincenti a prescindere delle dimensioni qualora integrati nei processi di realtà grandi o di minori dimensioni.
Ciò che guida all’ottenimento di buone performance è la capacità di gestire gli impatti delle variabili di rischio, pianificare e adattare i modelli di business in chiave propositiva e strategica per coglierne le opportunità.
In questo senso è utile sottolineare la maggiore vischiosità dei modelli industriali più complessi possono lasciare il passo ad una maggiore reattività e flessibilità che invece contraddistinguono le PMI e i loro modelli aziendali. Le imprese più grandi hanno in questo senso la necessità di pianificare la trasformazione e la transizione con cicli industriali più lunghi di una PMI.
Transizione sostenibile e dimensione d’impresa: il dibattito resta aperto.
[2] Il rischio di transizione nel sistema produttivo italiano, Cerved 2022.
Andrea Cincinnati Cini, Head Of ESG, Cerved Rating Agency
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